Si è da poco concluso il Festival della Scienza di Palermo, la prima edizione "fuori porta" per la creatura di VIttorio Bo e Manuela Arata dopo i sette anni di successi genovesi. Il passaggio del testimone tra Genova e Palermo ha molte ragioni, alcune evidenti, altre più sottili che riguardano il "carattere" delle due città. Sicuramente il Mediterraneo ed una lunga storia di scambi culturali ed economici, l'antico progetto di innescare una cooperazione culturale tra i paesi del Mediterraneo, che si realizzerà con la Biennale del Mediterraneo nel 2010. Ma per chi ha respirato le due città, il bisogno di ripensare la propria antica nobiltà, di scuotersi e rimettersi in gioco, puntare su un futuro ed uno sviluppo diversi.
La scienza può dare questa possibilità? Si, se oltre ad essere divulgazione e festa è anche riflessione critica sui processi di produzione scientifica e le loro implicazioni sociali ed economiche. Caratteristica che è stata ben presente nell'edizione genovese come in quella panormita. In questa direzione vogliiamo ricordare qui la mostra Save me from sickening medicine,sugli indiscriminati massacri animali in nome della (dubbia) categoria "bellezza & benessere", e l'incontro Bioetica ed Animal Welfare; la conferenza/spettacolo di Telmo Pievani ed Emanuele Coco sull'agire sociale tra Shakespeare e le teorie evoluzionistiche; le conferenze di Federica Migliardo, Paolo Vimeis ed Edoardo Boncinelli sulla complessità della materia vivente. E non si poteva fare omaggio migliore a Charles Darwin per il suo bicentenario che il ricchissimo dibattito sui 200 anni di evoluzionismo, quanto mai aperto ed attuale (si veda ad esempio l'ultimo lavoro di James Shapiro Revisiting the Central Dogma in the 21st Century ), e la ricognizione proposta da Telmo Pievani sulla storia segreta di una mente libera, i taccuini giovanili del grande naturalista inglese.Un programma ricchissimo che ha permesso alla scienza di raccontarsi e di riflettere su sè stessa all'interno di una manifestazione che ha dato l'occasione a Palermo, come la "donna d'inverno" di Paolo Conte, di mostrare tutte le sue bellezze e seduzioni: il Palazzo Chiaramonte Steri, il Loggiato San Bartolomeo, il Complesso Monumentale di Sant'Anna, la ricchezza e vivacità delle sue strade, piazze, ristoranti, enoteche. Forse il visitatore avrà colto qualcosa dei disegni di Guttuso e Caruso, ma crediamo anche note nuove ed inattese. Non la "sicilianità" di moda, ma un fattivo contributo della comunità scientifica dell'isola: dalla nuova robotica della complessità di Antonio Chella alla magia della Chimica di Michele Floriano. L'autore di questa nota ha avuto l'onore di Palazzo Steri per discutere della fisica dell'emergenza e dei sistemi collettivi, e come tutti i partecipanti ha un debito incolmabile verso Pietro Perconti, filosofo della mente presso l'università di Messina, chairman elegante ed organizzatore impeccabile.
Come i lettori sanno, non è mancata una nota dolorosa:il Festival ha perso tragicamente una delle sue anime più giovani, Stefano Canepa.
Un programma ideale di quello che dovrebbero essere i rapporti tra scienza, innovazione e sviluppo è stato tracciato nell'incontro a tre voci tra Manuela Arata, Roberto Lagalla, Magnifico Rettore dell'Università di Palermo, e Nino Salerno, Presidente di Confindustria Palermo, che ha dichiarato: "Accogliamo il Festival della Scienza con entusiasmo. E' un'occasione unica per rilanciare con forza il ruolo della regione Sicilia in un contesto europeo e mediterraneo, proseguendo la storia di cultura e professionalità che ha visto a lungo protagonista la nostra terra".
Riflessione che è insieme un invito ed un monito, e che ci conduce ad uno dei momenti più interessanti, il ricordo della storia del Circolo Matematico di Palermo fatta da Aldo Brigaglia e Franco Lo Piparo (vedi il bel volume di Brigaglia e Masotto:Il Circolo Matematico di Palermo, Dedalo Edizioni, Bari), storia che mi riporta al giovane studente che ero nel 1984 e che ebbe modo di incontrare matematici del calibro di André Lichnerowicz e Jean Alexandre Eugène Dieudonné durante le celebrazioni del centenario del Circolo.
Questa straordinaria avventura inizia nel 1884, quando Giovan Battista Guccia (1855 – 1914) fonda il Circolo in una città dove non esiste ancora un'istituzione matematica universitaria. In pochi anni il Circolo ed i suoi Rendiconti crescono d'importanza, sull'onda di un entusiasmo che fa parlare di una rinascita della città: è il tempo dei Florio, dei Whitaker, dei Ducrot, di Ernesto Basile e Giuseppe Pitré. Solo due indicazioni per tutte: sui Rendiconti appare la famosa memoria di Poincarè "Sur la Dynamique de l' Electron" (1906), fondamentale nello sviluppo della relatività ristretta; nel 1914, per il 30° anniversario del Circolo e l'ultimo di Guccia,questi viene insignito di una Medaglia d'Oro dalla comunità matematica internazionale, e in quell'occasione uno dei più noti matematici di Gottinga , Edmund Landau dirà: "Noi celebriamo il giubileo di una società che non ha che una minoranza dei suoi membri nella città in cui risiede,ma che ha riunito quasi mille matematici in tutto il mondo e tra questi i più grandi e i più illustri studiosi d'Italia, di Germania, d'Inghilterra, di Francia, degli Stati Uniti, d'Ungheria e di tutte le nazioni dove si coltiva la nostra scienza. E' l' unica organizzazione permenente che abbiamo; così noi consideriamo Palermo come il centro del mondo matematico.(…) I Rendiconti sono ora la migliore rivista del mondo".
Ma di lì a poco la maledizione del Gattopardo sembra avere il sopravvento. Si erodono rapidamente gli imperi economici e si esaurisce il dinamismo di una borghesia che si era illusa di essere inarrestabile. Vengono meno gli appoggi, l'isolamento ed il provincialismo hanno la meglio e alla fine del primo conflitto mondiale la luminosa realtà del Circolo è ormai un fantasma. E' una parabola istruttiva, una ferita esemplare e purtroppo molto italiana. Una storia semplice, direbbe Sciascia. Una storia che non deve più ripetersi. E' questo il motivo per cui il Festival della Scienza è molto più che un evento, ma ha piuttosto il sapore di una promessa.